“La guerra non viene più dichiarata, /ma proseguita. L’inaudito/è divenuto quotidiano”: versi che Ingeborg Bachmann scrisse nel 1953, ma di drammatica attualità. Di scenari di guerra è tramato l’ultimo nodo tematico di Feminism, e insieme della necessità di sottrarsi a questa logica e ricucire le possibilità di convivenza.
Quanto importante sia il ruolo della memoria nella coscienza collettiva, ce lo ricordano diversi libri al centro dei dialoghi e, in primis, “Riaffiorano le nostre vite” pubblicato dall’Enciclopedia delle Donne in collaborazione con Aned- Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti-, in cui la scrittrice e attivista olandese Dunya Breur raccoglie la testimonianza di sua madre Aat che, deportata a Ravensbruck, sperimentò tutto l’orrore del lager ma anche un’insperata solidarietà tra donne. Della storia di donne e uomini appassionati e resilienti ci parla Teresa Muratore nel suo “Naviganti ” edito da Manni, in un’ampia rassegna che comprende Socrate e Lina Merlin, il popolo danese che durante il nazismo mise in salvo gli ebrei e le portatrici carniche. La scrittrice tedesca Christa Wolf, che ha ripercorso le fasi della storia del suo Paese tramite il ricorso all’antico, è al centro della raccolta di saggi curata da Daniela Padularosa “Scrivere io, scrivere (l’)altro: immagini della memoria” (Castelvecchi editore), la ricostruzione della figura di Tullia Romagnoli Carettoni, partigiana, docente, funzionaria dell’Udi, dirigente socialista e poi senatrice, consente alla storica Paola Stelliferi di attraversare, nell’opera a lei dedicata “Tullia Romagnoli Carettoni nell’Italia repubblicana. Una biografia politica” (Viella), i primi tre decenni della storia della Repubblica.
In “Basta lacrime”, edito da VandA, che raccoglie lettere, articoli, saggi composti in un arco temporale che va dal 1995 al 2020, l’intellettuale femminista Alessandra Bocchetti rivolge un invito alle donne affinché escano dalla trappola del vittimismo, prendendo piena consapevolezza della loro forza. E di vittime parla anche la giurista Tamar Pitch, nel suo libro “Il malinteso della vittima. Una lettura femminista della cultura punitiva” (Edizioni Gruppo Abele), sviluppando una critica serrata alla deriva securitaria della società che trasforma tutte le persone -e in particolare le donne- in potenziali vittime. Ci portano in percorsi accidentati, come recita il sottotitolo, i saggi raccolti per la cura di Alessia Lirosi e Alessandro Saggioro nel volume “Religioni e parità di genere” (Edizioni di Storia e Letteratura), che affrontano il rapporto tra le donne e la religione in diversi contesti geografici attraverso un’ottica di genere; ed è sulla problematica condizione delle rifugiate che si sviluppa l’analisi critica delle studiose femministe Ilaria Boiano e Giorgia Serughetti, autrici del volume “Donne senza Stato. La figura della rifugiata tra politica e diritto” edito da Futura nella collana sessismoerazzismo.
Nel dibattito sulla guerra, che da fatto inaudito è divenuto quotidiano, s’inserisce la filosofa e politica femminista Maria Luisa Boccia, che nei testi raccolti in “Tempi di guerra” edito da Manifestolibri, sostiene la necessità di non ridursi alla logica bellica dello schieramento. L’interrogativo cruciale è se il pensiero e le pratiche femministe possano contrastare la riduzione della politica a guerra: e in questa prospettiva le sue riflessioni costituiscono un importante contributo per l’elaborazione di risposte.
Vanno nella direzione opposta alla logica dello schieramento, esplorando nuove possibilità, anche diverse opere narrative e poetiche, come “Ninna nanna. Una storia d’amore e di mafia” (All Around) in cui la giornalista Rita Mattei, ispirandosi a una storia vera, racconta la presa di coscienza della moglie di un boss mafioso, in seguito alle stragi di Palermo. Nei racconti della scrittrice tedesca Anna Seghers “I morti dell’isola di Djal ed altre leggende” (L’Orma), si creano legami fortissimi tra passato e presente, perché il passato non può morire e arriva fino a noi in nuove sorprendenti forme. E forse potrebbero essere proprio le forme del patchwork, così care ad Angela Carter, quelle che meglio possono rappresentare questa compresenza di diverse dimensioni temporali e di opposti stati d’animo. Come accade nella raccolta poetica “Dalla parte della vertigine” (Il Sirente) in cui Camilla Mele accosta mitologia e spiritualità, politica e psicoanalisi per creare una trama intergenerazionale, e nel volume “Arripizzari. Tessitrici di storie” edito da Le Commari. Quattordici intensi racconti di scrittrici italiane contemporanee, raccolti da Alma Daddario, che potrebbero definirsi patchwork, capaci di cucire tra loro realtà eterogenee, e insieme prove di ricucitura del tessuto interiore e relazionale, del nostro modo di stare al mondo.
Maria Vittoria Vittori