25/27 giugno 2021. All’interno della manifestazione “Scanno Borgo in Festival” nasce quest’anno una rassegna speciale dedicata a libri e loro autrici: Ju Buk. Ad idearla ed organizzarla Eleonora de Nardis. Da cosa prende le mosse questa tua proposta? E come si sviluppa.
La pandemia ha accentuato diseguaglianze e contraddizioni sociali e il peso maggiore è gravato sulla cosiddetta “altra metà del cielo”: le donne sono state le più esposte al contagio (l’80% delle professioni sanitarie e di volontariato è ricoperto da donne), le più oberate, strette nella morsa tra smartworking e homeschooling, le più colpite dalla perdita del lavoro, le più vessate, laddove il monito stay at home del lockdown e delle ripetute quarantene ha visto drammaticamente aumentare le richieste d’intervento ai centri antiviolenza. Ho pensato che qualsiasi ricostruzione post Covid sarebbe dovuta partire proprio da loro, da un cambiamento radicale della visione di società che sino ad oggi ha patito fortemente un retaggio patriarcale che ha relegato le donne “un passo indietro”, in quella confort zone in cui tutte, almeno una volta nella vita, ci siamo rintanate per corrispondere ai dettami sociali e non essere stigmatizzate dal mondo… “Ju Buk” in dialetto scannese è la bisaccia del pastore transumante, piena di viveri per affrontare il viaggio verso le terre del Sud con le mandrie. Stavolta la bisaccia sarà piena di viveri per la mente: libri, cultura e autrici portatrici di quel messaggio di ribellione e rivoluzione culturale che sembra creato apposta per le donne. Quelle sulle cui spalle da sempre si è retta la società, mentre gli uomini partivano per mesi e mesi per andare a pascolare…
La rassegna si articola per aree tematiche, per ognuna delle quali è chiamata in causa una Madrina scelta non casualmente. Vuoi dircene qualcosa?
Ho pensato di suddividere le giornate in aree che fossero il più possibile inclusive del messaggio di Ju Buk: la battaglia contro le diseguaglianze, massimo disvalore sociale, e la tutela delle differenze, la ricchezza più grande di una società. La prima giornata sarà incentrata sul potere delle parole: di tutte le cose che le donne possono fare nel 2021, l’atto più sovversivo resta la parola, scritta o detta che sia. Madrina della prima giornata sarà la giornalista Antonella Napoli, minacciata di morte per il suo prezioso lavoro d’inchiesta. La seconda giornata sarà dedicata a guardare “oltre gli stereotipi”; ancora si fatica a parlare di condivisione di lavoro domestico e di cura (persino nel family act si parla ancora di “conciliazione”), piuttosto che ad accettare donne ai vertici (la poltrona di Ursula Von Der Leyen), o nel mondo di sport tradizionalmente maschili (il caso di Aurora Leone). E drammatiche sentenze giudiziarie riconoscono attenuanti agli uomini e rendono corree le vittime di violenza del reato subito. Indignarsi non basta. Occorre agire per cambiare le cose. Madrina sarà Stefania Pezzopane, che di battaglie ne fa tante, ogni giorno. La terza giornata sarà imperniata sulla ricchezza delle differenze, laddove sul corpo delle donne si combatte una vera e propria battaglia di civiltà, dalla continua messa in discussione della 194 alla maternità solidale, dai diritti civili alle pari opportunità, al ddl Zan sulla omolesbobitransfobia e a tutti gli interrogativi che ne sono scaturiti. Monica Cirinnà ne sarà la Madrina.
Durante le tre giornate si alterneranno sul palco di Ju Buk autrici e loro titoli. Saranno loro le protagoniste vere della manifestazione, loro ed il pubblico. Quanto è importante mantenere viva e vitale questa relazione?
Dico sempre, da lettrice ma anche da autrice, che ogni libro è il prodotto di due mani: una metà la fa chi lo scrive, l’altra metà la fa chi lo legge. Questo perché la scrittura è un mettersi alla prova con il mondo, un cercare la propria identità attraverso lo sguardo degli altri, una ricerca costante di riscatto individuale – dal tempo che scorre, dai confini imposti, dalle convenzioni – che si fa riscatto corale: quello di un intero genere, il nostro. Ho scelto autrici dotate di una forza particolare: ciascuna di loro è stata capace attraverso pagine e inchiostro di “guardare oltre” ed è esattamente questo il “potere magico” di cui vorrei dotare ogni singolo individuo che verrà ad ascoltarle e a dialogare con loro a Scanno…
L’emergenza pandemica è stata, è ancora, il fatto determinante del tempo che stiamo vivendo. Tra le poche attività consentite nei giorni di chiusura, quella delle librerie, quasi farmacie del pensiero. Scrivere e leggere sono azioni capaci di produrre cambiamento?
Sono convinta che leggere e scrivere sono la traduzione dei nostri pensieri e quindi delle nostre azioni: se da un lato è vero che le donne sono le prime vittime degli stereotipi di genere, è altresì vero che ne sono anche veicolo, perché tradizionalmente sono loro a insegnare a figli e figlie a parlare, e quindi a rapportarsi a sé e all’alterità. Migliorare il mondo, andare verso una società la più possibile egualitaria e inclusiva, ambire al progresso civile e antropologico necessita di un salto di paradigmi culturali. Per questo è solo ed esclusivamente attraverso la cultura che possiamo sperare di produrre cambiamento e di lasciare un mondo degno delle aspettative delle figlie e dei figli delle figlie e dei figli delle nostre figlie e dei nostri figli.
L’elaborazione di pensiero delle donne sotto forma di scrittura, di narrativa come di saggistica, che “posto” ha oggi nel panorama editoriale? Trovi che sia uno spazio adeguato? O ancora troppo confinato?
Non amo i vittimismi ma credo che in questo Paese, irrimediabilmente maschilista, le discriminazioni nei confronti delle donne imperversino in ogni campo, anche in campo editoriale e letterario, sebbene vi abbia conosciuto uomini meravigliosi e altamente paritari. Pur essendo le donne la maggioranza del popolo di chi legge, vi è una preferenza per la letteratura firmata da uomini. Del resto, la Storia insegna che abbiamo dovuto faticare per ritagliarci spazi in ogni ambito, per la lunghezza della gonna, per portare i pantaloni, per togliere i tacchi, per indossare una toga, un camice da medico… per aver diritto di voto, per decidere sui nostri corpi. Di cosa ci meravigliamo? Ancora oggi guadagniamo meno dei nostri colleghi, raramente raggiungiamo posizioni apicali e se ci riusciamo veniamo spesso motteggiate… La strada è ancora lunga. Chi cade nel luogo comune che le scrittrici siano dispensatrici solo di intimismo, svenevolezze, leggerezze, erotismi, shopping, gialli rosa, sbaglia di grosso: nel nostro Paese abbiamo penne femminili molto scaltre, a tratti dure, asciutte e molto talentuose: penso a Valeria Parrella, alla sua scrittura malinconica, scansonata e ribelle; e penso a Donatella Di Pietrantonio, al suo grido sussurrato e lucido, per nulla isterico. Sono pittrici di stati d’animo e di storie vere: saranno entrambe a Ju Buk, questo mi rende particolarmente fiera.
Scanno. Perché? Certo, è un borgo splendido. E certo, è collocato in uno dei Parchi più antichi e importanti del nostro Paese. E l’evento si svolgerà all’interno di una manifestazione conosciuta. Ma: e poi? Perché lo hai scelto come scenario per una rassegna di autrici?
Se dico Scanno, è a casa in autunno che mi viene in mente. Terra dei miei avi, già a fine agosto le mie estati di bambina si tingevano del giallo delle foglie e mio nonno indossava il tweed. In montagna le stagioni hanno un ritmo differente, un po’ come quello dei nostri ricordi, come le orecchie che facciamo alle pagine della nostra vita.
A Scanno, borgo suggestivo immortalato nei secoli da Maestri indiscussi della fotografia come Henri Cartier Bresson, Mario Giacomelli e Gianni Berengo Gardin, vige una cultura di tipo matriarcale, celebrata dal costume caratteristico che le donne più anziane ancora indossano, con un copricapo di origine mediorientale (probabilmente saracena) che ricorda una tiara regale. Sono loro, le Donne, le antiche “regine” di questa enclave matriarcale del nostro Sud: donne solide, capaci di tramandare ma anche di fare rivoluzioni. Quante volte vi è capitato di parlare con una vostra nonna e scoprire che di mente era molto più avanti di voi? Questo perché, pur non avendo sempre avuto la forza di ribellione, i desideri (nel senso latino di de-sidera, cioè venire dalle stelle, dal cielo) non muoiono mai dentro una Donna. Proprio a Scanno, da bambina, una vecchietta del luogo mi raccontò una volta di non aver mai visto il mare in tutta la sua vita. Ne rimasi profondamente colpita. E turbata. Ecco: vorrei che tutte le Donne, nessuna esclusa, possano vedere metaforicamente, dentro di sé, quel mare, e avere il coraggio di gettare il proprio sguardo, limpido e libero, ben oltre l’orizzonte.
Eleonora de Nardis è sociologa, giornalista professionista, scrittrice, attivista. Si occupa da anni di linguaggio, abbattimento degli stereotipi di genere, diritti e pari opportunità. Conduce su RID96.8fm “Non è Miercurì”, rubrica di approfondimento giornalistico e “Donne di Frontiera”, in cui racconta storie di immigrate. È stata una delle autrici Feminism 2020, col libro Un’ idea di noi” di Bordeaux edizioni. È madre di tre figli.