ANIMALIA. Discorso su animali e altri viventi

Sara Turetta dalla vita ha avuto tutto: è una donna in carriera nel mondo della pubblicità, con un matrimonio felice, amore e una famiglia che la sostengono. Ma dal 2002, quando viene a sapere del massacro dei cani randagi in Romania, molla tutto e parte per Bucarest. Si trasferisce a Cernavodā e dopo anni di battaglie contro corruzione, malasanità e povertà, nel 2005 fonda Save the dogs and other animals Italia che ogni anno cura oltre duemila cani mentre nel rifugio Footprints of joy ne ospita centinaia, in attesa di adozione. Grazie a Sara e al suo team, ad oggi sono oltre settemila i cani che hanno trovato una famiglia.

Dialogo con Sara Turetta, autrice del volume I cani, la mia vita, Edizioni Sonda

C’è un mondo che emerge dalle tue pagine, un mondo fatto di intrecci, relazioni, miserie, coraggio. E tanto altro ancora. Mi piacerebbe chiederti di questo intreccio.
La storia che racconto credo sia “universale”: contiene tutto il bene e il male che troviamo nell’umanità, e che emergono in modo più netto in quei contesti sociali che hanno subito grandi rivolgimenti storici e stanno ricostruendo a fatica il proprio sistema di valori condivisi. Ma è anche la storia di chiunque voglia migliorare un angolo del mondo, a prescindere dall’ambito in cui opera: tutti, ad ogni latitudine, ritrovano i medesimi ostacoli, gli stessi tentativi di essere screditati, il sospetto e l’ostilità della comunità che si vuole aiutare; comune a tutti è la ricerca faticosa di un equilibrio tra la propria vita personale e la propria missione.

La storia di un Paese affondato nella brutalità, a lungo dominato dalla ferocia di un dittatore liberticida che era stato soprannominato “il mastino” di Bucarest, un Paese affamato, devastato, in stato confusionale, tu la racconti mentre parli di cosa hai vissuto. La drammatica vicenda dello sterminio di massa dei cani divenuti randagi a me pare essere rappresentazione della vicenda rumena. È così?
Si, i cani randagi sono “carne da macello” di un sistema spregiudicato e corrotto, proprio come i bimbi orfani negli istituti e i pazienti negli ospedali; non perdetevi il documentario candidato agli Oscar “Collectiv” di Alexander Nanau, che racconta la tragedia dei giovani morti nell’omonima discoteca di Bucarest ma soprattutto dopo, negli ospedali che avrebbero dovuto curarli e che invece – utilizzando disinfettanti diluiti – li hanno condannati alla morte per setticemia…

La crudeltà di massa degli umani che lì si è venuta esercitando sembra in qualche modo metafora della perduta capacità di equilibrio e di armonia. Di governo. Di sé stessi, del Paese. Un pericolo che il mondo corre di nuovo?
Mi sforzo di essere ottimista. Vedo forze molte contrapposte: da una parte chi va proprio nella direzione di cui parli tu, ma c’è un’altra parte del mondo – illuminata, saggia, empatica e solidale – che ha capito che bisogna invertire la rotta, o sarà la fine. Per tutti. Spero che questa seconda parte prevalga.

Oggi, quando il mondo è in grande sofferenza, la cura che siamo chiamat* a dedicargli deve rivolgersi ai viventi tutti, umani e non umani. La storia che racconti si fa allora esemplare. Quali gli episodi, le alleanze, che più ti hanno coinvolta e sostenuta?
Il “grazie” commosso della guardia penitenziaria che accompagnava i carcerati nel nostro rifugio… il sostegno dell’Ambasciata italiana negli anni e il cavalierato del Presidente della Repubblica, per la prima volta concesso a qualcuno per l’impegno con gli animali… la gioia delle mamme che portavano i loro bimbi disabili nel nostro santuario degli asini a fare pet therapy, prima del Covid. Alcuni degli episodi di gratitudine “locale” (per la verità molto pochi) li racconto nel libro, altri si rinnovano anche adesso, come quando una piccola associazione rumena che ha visitato il nostro centro “Impronte di gioia” mi scrive: “Tu ci dimostri che anche nel nostro paese si possono fare grandi cose per gli animali, nonostante i grandi ostacoli”.

Vi è un che di speciale nelle nostre relazioni con gli altri viventi. Quelle con i cani fanno parte di un patrimonio davvero singolare, perché, io credo, “comune” alle nostre due specie, e capace per questo di un accomunarci senza paragoni. Cosa ne dice la tua esperienza?
Amo tutti gli animali e cerco di rispettarli tutti il più possibile, ma i cani sono creature straordinarie e fuori dal comune, forse proprio per quella prossimità che da migliaia di anni li lega all’essere umano. Se c’è un animale in cui l’individuo – nella sua unicità – emerge con forza (e qualcuno, come me, ci vede senza alcun dubbio anche un’anima), è proprio il cane. È per questo che la sua sofferenza mi è particolarmente insopportabile: perché assomiglia molto alla nostra e parla una lingua che è facile decifrare, se abbiamo un minimo di empatia.

Intervista a cura di Maria Palazzesi

Venerdì 14 Maggio ore 18
EDIZIONI SONDA
Sara Turetta, I cani, la mia vita
Con l’autrice dialoga Paola D’Amico, giornalista del Corriere della Sera

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