Con l’avvento delle piattaforme streaming la produzione televisiva si sta velocemente e profondamente modificando tanto che c’è da chiedersi se quelle che per decenni abbiamo chiamato “serie” – intendendo una narrativa con caratteri di continuità (trame, ambientazione e personagge/i) ma scadenzata da tempi precisi (una puntata al giorno, alla settimana) – siano una evoluzione della stessa forma oppure un nuovo genere. Lo scenario – l’offerta – oggi disponibile di prodotti televisivi (e, in parte, anche cinematografici e letterari) è ricchissimo e globale e prevede anche serie confezionate direttamente ed esclusivamente per il Web.
L’idea di serialità non è nuova: nasce nell’Ottocento per una serie di concause di cui la più importante è probabilmente il vertiginoso aumento di un pubblico di lettrici/lettori, alfabetizzati ma non colti, e il conseguente diffondersi della stampa popolare, in Europa e negli Usa. La novità si chiama “feuilleton” e celebra l’alleanza tra stampa e letteratura, o meglio narrativa variamente articolata. Alcune delle opere di Charles Dickens, come ad esempio Schizzi di Boz (1836) – nati come bozzetti giornalistici – o Il circolo Pickwick possono essere considerati come una prima forma di narrativa seriale. Lo scrittore in seguito perfezionò la forma del romanzo a puntate – solitamente mensili e di solito pubblicati su riviste – nelle sue opere più note come Oliver Twist (1837-39), David Copperfield (1849-50) o La piccola Dorrit (1857). “Seriale” possiamo considerare, per altri versi, il ciclo de I tre moschettieri di Alexandre Dumas, anch’esso uscito a puntate (1844-1850) o la tetralogia di Piccole Donne (1868-86) di Louise May Alcott. O ancora gli 11 romanzi di Emilio Salgari su Sandokan e i pirati della Malesia (da La tigre della Malesia, 1883-84 a La rivincita di Yanez, 1913) e il ciclo sui corsari delle Antille (da Il corsaro nero, 1898 a Gli ultimi filibustieri 1908). Tutti titoli, quelli citati, che hanno avuto versioni cinematografiche, televisive e spesso anche a fumetti.
La popolarità della radio negli anni Venti e Trenta porta, specie negli Usa, alla diffusione di storie seriali “originali” sulla spinta di investitori pubblicitari (le soap), processo che si sarebbe vertiginosamente accelerato nel secondo dopoguerra con l’avvento dell’era TV, che ha adottato e perfezionato entrambe le modalità: l’adattamento di testi letterari (sceneggiati) e la produzione di sceneggiature originali nella cornice di vari “generi”: storie sentimentali, fiction per adolescenti, crime e detective stories, western, fantascienza medical drama, legal drama, period drama (storici in costume) etc.
La proliferazione di prodizioni televisive seriali, pensate per un pubblico di massa – prodotto dell’incremento demografico del secondo dopoguerra, le generazioni di cosiddetti baby-boomers – riproducevano gli stereotipi dell’epoca, specie in tema familiare. Ma già dagli anni Settanta, affianco alle consuete trame più tradizionali, cominciano ad essere introdotti figure e situazioni più aderenti alla realtà in evoluzione (divorzi, madri singole, famiglie non bianche oppure bianche ma a volte disfunzionali come in Dallas e Dynasty che vengono trasmessi in prime time). Ma è entrando nel terzo millennio che, oltre alla rivoluzione digitale, emerge la necessità di una “Complex TV” che si avvicina al cinema – utilizzandone anche spesso sceneggiatori e attori/attrici molto note – in un ruolo di sperimentazione tematica su soggetti e aspetti della realtà sociale prima ritenuti marginali. Fantascienza e fantasy, con incursioni nel “soprannaturale” sono in primo piano, dal filone dei supereroi, che ha grande successo anche al cinema, a prodotti TV che portano avanti sia serial di grande successo come Star Trek con degli spin-off, sia novità come Twin Peaks, Lost, X-Files fino ad American Horror Stories e Il Trono di spade.
Nel campo del giallo, il poliziesco subisce una evoluzione particolarmente significativa, a partire dagli anni Ottanta, dall’introduzione di tematiche femministe, ad esempio in una serie come New York New York – con le due detective Cagney e Lacey – al grande successo a partire dagli anni Novanta di Law&Order e i suoi vari derivati, tra i quali spicca l’ormai più che ventennale Special Victims Unit, che mette in scena una squadra di detective newyorkesi con a capo una donna che indagano su crimini a sfondo sessuale.
Anche nell’ambito delle serie ambientate in contesti medici, dal mitico Dr. Kildare andato in onda negli anni Sessanta si è arrivati al grande successo di fiction seriali come E.R. – Medici in prima linea, andata in onda tra gli anni Novanta e il 2009, Dr. House o Grey’s Anatomy.
Le piattaforme digitali hanno profondamente modificato più che la produzione il modo di fruizione della fiction seriale, consentendo agli utenti di guardare l’insieme delle puntate senza dover aspettare la messa in onda delle singole puntate. Opportunità largamente utilizzata durante le varie fasi di lock-down dovute alla pandemia da Covid-19, con l’aumento del tempo trascorso in casa. Questa nuova modalità ha contribuito alla crescita di un fenomeno definito “fandom”, evoluzione dei “fan club” che caratterizzavano nei decenni passati gli affezionati a saghe cinematografiche o televisive di culto (dalla già citata Star Trek a Indiana Jones, da Guerre stellari fino a Il racconto dell’ancella).
Oggi le narrative seriali e in particolare i cambiamenti avvenuti nella produzione e fruizione televisiva sono oggetto di ricerca, studi e confronti sia a livello accademico sia in ambito critico. All’evento previsto il 1 luglio 2021, parteciperanno oltre alle curatrici Anna Maria Crispino e Federica Fabbiani, Marina Pierri (giornalista e direttrice artistica del Festival delle serie Tv), la sceneggiatrice Donatella Diamanti, la docente di Media e Gender Studies all’Università di Bologna Lucia Tralli ed Elisa Mancini, giornalista e attivista transfemminista queer.